Era un vero e proprio Rituale. La sera del primo Novembre, il nonno ci riuniva intorno al camino con la fiamma scoppiettante per raccontarci cosa sarebbe successo nella notte.
Iniziava il racconto dicendo: "Ogni anno, la notte del 2 novembre, è usanza per i nostri amati defunti di tornare dall'aldilà.
Loro vengono da un luogo di pace per ricongiungersi ai vivi sulla terra, e chieder loro preghiere e suppliche per raggiungere la visione beatifica del paradiso".
Facendoci osservare il movimento della fiamma, continuava: "Il fuoco è un mezzo attraverso cui le anime del purgatorio scendono in terra per purificarsi dai peccati".
Quella sera era d'obbligo tenere vivo il fuoco nel camino, apparecchiare la tavola con la tovaglia delle grandi feste, quella di lino ricamata, ricevuta nel corredo.
Anche i piatti, le posate e i bicchieri del servizio buono.
Si preparavano le pietanze preferite dai defunti quando erano in vita e si disponevano con cura e abbondanza sulla tavola.
Il ritorno dei defunti in terra era vissuto come una festa e i piatti succulenti, acqua, vino permettevano loro di rifocillarsi e restare fino alle prime ore dell'alba.
Il suono delle campane segnava il loro ritorno in paradiso.
Allo scoccare della mezzanotte, dovevamo subito andare a dormire per evitare il contatto tra il mondo terreno e quello ultraterreno, avremmo acceso le candele per illuminare e guidare i trapassati verso la nostra abitazione, i quali ci avrebbero offerto i doni in cambio di preghiere.
Noi bambini andavamo a dormire con la curiosità di sapere cosa avremmo ricevuto al mattino e con un po' di timore di incontrare le ombre dei morti in processione, ma anche con la speranza di vedere nuovamente chi ci aveva lasciato per una vita migliore.
Rovistavamo nel cassetto delle calze per scegliere la calza più capiente, che avremmo appeso al "Varrone" (protezione dell'uscio in ferro) e andavamo a letto solo dopo aver recitato la seguente giaculatoria:
"Aneme sànde, àneme sànde, ije song sùle e vùije sìte tànde,
mèntre me tròve ìnde a nu mùnne de guaije,
de cumplemènde mettìteme assàije"
"Anime sante, io sono solo e voi siete tanti
mentre mi trovo in queste mondo di guai
mettetemi molti doni"
Le calze al passaggio degli spiriti dei familiari defunti sarebbero state benedette e al risveglio noi bambini le avremmo trovate appese al caminetto ripiene di castagne bollite, mostaccioli, fichi secchi, melograni, mele cotogne, carrube, noci, mandorle, susine, arance e frutta di stagione.
Per chi non si era comportato bene arrivava una calza piena di cenere e carboni .
Grande era la curiosità che animava noi bambini al risveglio, quando gironzolavamo per casa alla ricerca del dono riposto da qualche parente morto e alla scoperta dei dolci doni.
Era un atmosfera magica!
Il mattino del 2 novembre quindi si andava a piedi al camposanto per salutare e ringraziare i morti, portando loro in dono fiori e lumini.
Iniziavamo la nostra passeggiata con la recitava del rosario dei morti
"Aneme sànde, àneme purgant,
preghet Djie p' me,
che ije preghe p' te
che v djie subb't la glorije du Paravis
U Tern Padre e u sangh prizijius 'd Gesu"
"Anime sante, anime purganti,
pregate Dio per me,
e io pregherò per te che vi doni presto la gloria del Paradiso
All'eterno padre ed al sangue prezioso di Gesù"
Le anime dei morti avrebbero vagato, indisturbati sulla terra, fino al giorno dell'Epifania, giorno della manifestazione di Gesù.
Da bambini ci insegnavano a non aver paura della morte perché questa non è una giornata all'insegna della tristezza, è la festa dei morti ed è un momento di ricordi.
E i doni lasciati, la gioia e gli aneddoti legati ai propri cari al contempo celebrano la memoria e suscitano sorrisi.
Per concludere, vi auguriamo si trascorrere una bella e armoniosa festa di Ognissanti, riscaldati dal calore della vostra famiglia e dall'affetto dei cari defunti.
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